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Domenica 29 gennaio

 

Omelia della 4^ Domenica del T.O. a. A - scritta da padre Vincenzo

 

Dal Vangelo secondo Matteo(Mt 5, 1-12a)

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. 
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. 
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli». 

C: Parola del Signore.

A: Lode a Te o Cristo.

 

 

Le letture (Sof 2,3.3,12-13; Sal.145; I Cor 1,26-31; Mt. 5,1-12) della 4^ Domenica del T.O. sembrano convergere su un tema comune: la POVERTÀ EVANGELICA.

 

-   Nella 1^ lettura il profeta Sofonia cerca di scuotere il popolo d’Israele, che è preoccupato solo dei beni materiali e convinto di poter fare a meno di Dio; lo esorta a convertirsi prima del “giorno dell’ira del Signore” e dice con forza: “Cercate il Signore, cercate la giustizia, cercate l’umiltà” perché sa che Dio libererà l’umile e il debole dagli orgogliosi, dagli insolenti, dai violenti…

 

-   S.Paolo, nella 2^ lettura, ci dice che Dio non salva i credenti con la sapienza del mondo ma con la follia della croce che è la sapienza di Dio; mette in evidenza  che la chiamata alla salvezza è grazia, è dono gratuito divino “perché nessun uomo possa vantarsi di fronte a Dio” e anche lui invita alla povertà evangelica che vediamo molto simile a quanto Maria esprime nel Magnificat: Ella, consapevole della propria nullità ma anche della bontà misericordiosa di Dio, magnifica il Signore perché compie “grandi cose” negli umili e poveri mentre “confonde” i superbi e gli insolenti.

 

-   Il brano del Vangelo, in ultimo, consegna questo tipo di povertà alla felicità in quanto Gesù proclama “beati” coloro che, in una prospettiva soltanto umana, sarebbero considerati degli infelici. Gesù “sale sul monte”, luogo carico di significato che segna avvenimenti importanti del Maestro come le tentazioni, la moltiplicazione dei pani, la trasfigurazione, l’arresto, il mandato finale affidato agli apostoli e qui in particolare c’è un forte richiamo al monte Sinai dove Mosè era salito per ricevere le Tavole della Legge.  Si vede che entrambi salgono sul monte e comunicano un messaggio ma c’è una grande differenza: il Decalogo, consegnato a Mosè, riporta delle norme di comportamento, che indicono cosa fare o non fare. Le Beatitudini, proclamate da Gesù, ci dicono invece come essere; sono il suo ritratto, momenti di vita che Egli per primo ha integralmente vissuto; Egli è, per eccellenza, il povero in spirito, l’afflitto, il mite, l’assetato di giustizia, il misericordioso, il puro di cuore, l’operatore di pace, il perseguitato.

 

Il discepolo di Cristo, il vero cristiano è colui che segue il Maestro e cerca di incarnare quanto più possibile il Suo stile di vita. In sintesi le beatitudini ci dicono:

 

  1. Beati i poveri in spirito… sono coloro che vivono distaccati dai beni terreni e vivono nella consapevolezza della loro pochezza e della totale dipendenza da Dio.
  2. Beati gli afflitti…  cioè coloro che non si disperano nel dolore, nelle miserie fisiche e morali, ma pongono con fiducia il loro destino nelle mani di Dio.
  3. Beati i miti… che non sono i pavidi e i timidi ma coloro che rifiutano l’orgoglio, che non prevaricano sugli altri con atteggiamento sprezzante e altezzoso.
  4. Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, che nel linguaggio biblico significa “l’agire in conformità” di Dio: costoro sono proclamati felici perché, compiendo la volontà di Dio, godranno l’intimità e la piena comunione con Lui.
  5. Beati i misericordiosi, cioè coloro che sanno usare compassione e perdono verso il prossimo, specialmente verso i poveri e i deboli.
  6. Beati i puri di cuore…  ovvero coloro che agiscono con rettitudine e sincerità interiore e quindi sono pienamente dediti a Dio (cuore nella Bibbia è la sede dell’intelligenza e della volontà).
  7. Beati gli operatori di pace… che non sono gli uomini semplicemente inclini alla pace, all’indulgenza, alla tolleranza, ma coloro che operano fattivamente per la pace, per appianare le liti e i vari contrasti.
  8. Beati i perseguitati a causa della giustizia… cioè coloro che continueranno ad essere fedeli a Cristo, anche se sono derisi, colpiti, uccisi…

 

Queste beatitudini sono la via della felicità, sono la proposta di Gesù che ci dice cosa è Dio e cosa è l’uomo.

 

Felicità (“ascer” in ebraico che significa “avanzare, guidato”) non è la meta ma la strada che porta alla meta; non è solo star bene ma vivere tutto ciò che c’è da vivere; non sono soluzione ai problemi ma un camminare con Gesù ed essere da Lui riempiti di grazia. Gesù ci rivela ciò che in apparenza è nascosto; ci invita a guardare la nuda e cruda realtà che stiamo vivendo con la prospettiva di Dio. Questa è  fede:  guardare dentro le cose e guardarle con gli occhi di Dio. Allora, se accogliamo le beatitudini, la loro logica ci cambia il cuore sulla misura di quello di Dio. E possono cambiare il mondo!                                                    

 

 

 

 

 

Domenica 22 gennaio

 

Omelia della 3^ Domenica del T.O. a. A - scritta da padre Vincenzo

 

Dal Vangelo secondo Matteo(Mt 4, 12-23)

Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: “Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta”. Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”. Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: “Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini”. Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono. Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.

C: Parola del Signore.

A: Lode a Te o Cristo.

 

 

“CHIAMATI PER CONVERTIRCI” potrebbe essere il fulcro di questa 3^ Domenica del T.O. Inoltre questa è una Domenica speciale perché, per volontà di Papa Francesco, in tutte le Chiese si celebra la Giornata della Parola. È un invito specifico alla comunità cristiana perché rifletta, mediti ed approfondisca la Parola di Dio, in quanto, fra tutte, è l’unica capace di cambiare in meglio il nostro cuore. Dio ci parla per annunciarci il suo amore, la sua novità e perché ci vuole collaboratori nel suo Piano di Salvezza. Le Letture (Is 8,23b-9,3; Sal 26/27; 1 Cor 1,10-13,17; Mt 4,12-23) snodano un percorso che va dalla luce, dono di Dio, che mette in fuga le tenebre della terra degli uomini all’essere luce da parte di chi, chiamato da Dio, accetta di seguirlo e concretizza la sua Parola nella vita. Quattro i termini chiave:

  • Convertitevi - cioè cambiamo mentalità, modo di pensare, perché seguire veramente Gesù va oltre i propositi di essere più buoni, dire preghiere, fare tante penitenze. "Metanoia" vuol dire "cambiamento di pensiero" quindi non si tratta di “fare di più” ma “essere diversi” né tantomeno bisogna ritenere che l’amore di Dio è condizionato dall’agire dell’uomo. L’amore di Dio è gratuito; Egli ci viene incontro, ci guarisce, ci perfeziona prima che agiamo…  «Non siamo stati noi ad amare Dio, ma Dio ci ha amati per primo» (1Gv 4, 19). Solo che, se non ci adoperiamo per cambiare modo di vedere noi stessi, gli altri e Dio, la Sua vicinanza, il suo dono resta inefficace. Occorre fare esperienza dell’annuncio tanto atteso: «Il regno dei cieli è vicino» e il cambio di mentalità ne è la via necessaria.
  • Chiamati - La proposta di Gesù non riguarda una dottrina religiosa; al centro c'è la relazione con Lui, un incontro che stravolge la vita come è accaduto ai primi discepoli, citati nel Vangelo. Inoltre Gesù raggiunge quei pescatori non nella sinagoga o in preghiera al tempio ma nel luogo di lavoro, sulla riva del lago, con in mano le reti; questo significa che il Maestro, quando chiama, non richiede atti religiosi o competenze specifiche ma entra nella vita e invita a stare con Lui. Riflettiamo bene che l'esperienza della fede parte proprio da relazione fondamentale; invece, purtroppo, a volte riduciamo il cristianesimo ad una serie di cose da fare o non fare, come se si potesse conquistare il paradiso con una tessera a punti completata!
  • Seguimi – Prima di Gesù erano i discepoli a scegliersi il maestro, qui è l’inverso: Egli sceglie liberamente i suoi primi discepoli e dice loro: «Venite dietro a me» che è come dire a ciascuno "fidati e vedrai!". In altre parole Egli non dà indicazioni precise; se avesse voluto farlo, ci avrebbe lasciato un codice, invece ci ha mostrato una strada, vuole coinvolgerci in un'esperienza. Il fatto, inoltre, che i primi quattro apostoli sono due coppie di fratelli suggerisce l’idea che la fraternità (considerata nel senso ampio del ritenersi tutti figli di Dio) sia la sola condizione per mettersi in cammino e seguire con coerenza Gesù, superando le logiche personali, abbattendo il proprio egoismo e aprendosi alla logica dell'amore; proprio nella fraternità inizia il percorso del “popolo di Dio”, nel camminare insieme dietro al Maestro. La grande esperienza dei primi chiamati sarà quella di essere coinvolti, come testimoni, in fatti salienti della vita di Gesù: la trasfigurazione, la resurrezione della figlia di Giairo, la preghiera nel Getsemani….

Gesù passa e vede sempre oltre: in Simone vede Pietro, la roccia su cui fondare la sua chiesa; in Giovanni intuisce il discepolo che darà la più bella definizione del Padre come Dio dell’amore; in Giacomo intravede uno che ha dentro la potenza di un tuono; a loro promette una diversa qualità di vita, più intensa e vera, che stravolge l’ordinario - «Vi farò pescatori di uomini». Dio infatti non cambia ciò che c'è attorno a noi o un semplice aspetto della vita, cambia il nostro essere… Affidiamoci alla sua Parola che ci incoraggia, ci fa andare avanti, ci fortifica anche nelle prove più difficili…

  • Subito - «Subito lasciarono le reti e lo seguirono». La risposta degli apostoli è senza condizioni, è una fiducia schietta, un’azione immediata, che non lascia spazio a paure, incertezze, logiche di calcolo… Nella relazione di fede prima si segue e poi si comprende perché le cose di Dio bisogna viverle per comprenderle. Dio non ci ama perché ce lo meritiamo, ci ama e basta, ci ama per primo e vuole che quanti accolgono la Chiamata siano generosi come lui.

Allora crediamo che Gesù ci viene a cercare nella nostra storia personale e ci invita a stare con Lui, come ha fatto con i primi discepoli. Cerchiamolo e lasciamoci cercare! E, se abbiamo il cuore troppo duro, coraggio, lasciamolo agire! il figlio del falegname ha mani forti e allenate per trasformare tutto…

                                                                                                                                                                    

 

 

 

Domenica 15 gennaio

 

Omelia della 2^ Domenica del T.O. a. A - scritta da padre Vincenzo

 

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,29-34)

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell'acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».
Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell'acqua mi disse: Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

Parola del Signore.

  

 

Siamo alla 2^ Domenica del T.O. tempo che la Chiesa dispone per aiutarci a celebrare i Misteri del Signore, a santificare la domenica, a celebrare la nostra vita in Dio, ad essere riempiti della Parola e della Grazia divina.

 

Le letture della Liturgia odierna (Is 49,3.5-6; Sal 39/40; 1 Cor 1,1-3; Gv 1,29-34) ci parlano della nostra vocazione, che riguarda tutti, qualunque sia la nostra scelta di vita.

 

Il Signore ci parla attraverso i Profeti e gli Apostoli, che ci indicano dove andare e cosa fare della nostra esistenza. Rispondere a questa chiamata è l’impegno del cristiano, per essere figlio di Dio e autentico seguace di Cristo.

 

 - Nella 1 lettura Isaia ci parla di un 1° dono da parte di Dio: la luceIo ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra” (Is 49,6b). Dio ci dona la luce! è Lui che agisce, noi dobbiamo solo permetterGli di agire in noi e con noi…

 

Camminare nella luce significa camminare nella santità, nell’amore, nella fede; parlare dell’amore di Dio e della speranza che è in Cristo soprattutto con le opere e lo stile di vita, in modo tale che anche chi è lontano da Dio possa vedere nella coerenza delle nostre azioni la verità di Dio e magari sentire il desiderio di conoscerla.

 

- Davide nel Salmo 39/40 ci parla di un 2° dono: la lode “Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo, una lode al nostro Dio”. Anche in questo caso si tratta di un dono, è Dio che agisce, se la mente è aperta e il cuore è docile…

 

- San Paolo nella 2 lettura nomina un 3° dono: la grazia e la pace Grazia a voi e pace da Dio”. Sempre dono di Dio, sempre la Sua azione benefica e salutare nella nostra vita, con una sola richiesta di contraccambio: corrisponderGli, darGli la possibilità di agire. La Grazia di Dio ci comunica la Sua benevolenza e ci dona la pace, che possiamo comunicare agli altri solo se la viviamo dentro noi stessi.

 

- Il Vangelo di Giovanni, infine, ci riporta quanto l’apostolo dice a Gesù che viene verso di Lui: “Ecco colui che toglie il peccato del mondo”. Non dobbiamo cercare la strada, è Gesù che ci viene incontro…

 

Gesù viene a liberarci, a smacchiare la nostra vita, a toglierci il peccato di arroganza, di superbia, di orgoglio, dei livelli dell’io sempre troppo alti… È importante avvicinarsi o riprendere la vita sacramentale, soprattutto il Sacramento della Riconciliazione che è lo “smacchiatutto” dell’anima, la via principale con cui Dio viene a rigenerare la nostra vita. Dobbiamo chiederGli di guarirci e vivere con intensità la Sua azione di liberazione e guarigione.

 

Dio ci chiama per fare la Sua volontà! L’unico impegno che ci chiede è quello di lasciarLo agire. La nostra vita, nelle sue mani, si riempie di amore che contagia, di grazia che ci fa vivere liberi e felici e ci rende capaci di curare chi è malato, sostenere chi è solo, dare speranza a chi soffre…

 

 In altre parole la Grazia ci fa essere luce nel mondo, sale della terra, messaggeri di gioia, artefici di pace per testimoniare con efficacia tutto il bene che Dio compie in noi e con noi…

 

La Grazia fa essere anche noi pane spezzato, come il Corpo di Cristo, che riceviamo con l’Eucarestia.

 

Preghiamo perché il pane che oggi spezziamo non sia solo voce di un canto, che pur ci commuove,  ma diventi il pane della speranza per noi e per le nostre famiglie; il pane della gioia da condividere con gli altri; il pane del sorriso da trasmettere a chi ci sta accanto; il pane della misericordia per ricevere e dare perdono; il pane della fraternità per diventare una cosa sola con i fratelli.

 

Spezzare insieme il pane significa condividere la vita! Viviamo allora con intensità la Celebrazione Eucaristica; lodiamo il Signore; siamo riconoscenti per le opere stupende che Lui compie; accogliamo la Grazia che Egli ci dona continuamente…

  

 

 

 

Domenica 8 gennaio- Il battesimo del Signore

 

Omelia del Battesimo del Signore a.A  - scritta da p. Vincenzo

 

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 3,13-17

 

In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui.
Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare.
Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

Parola del Signore.

 

 

Celebriamo oggi il Battesimo di Gesù, la Solennità che chiude il Tempo di Natale e che ogni anno ci invita a considerare meglio il nostro Battesimo e l’enorme dono di essere Figli di Dio.

Le letture (Is 42,1-4.6-7; Sal 28/29; At 10,34-38; Mt 3,13-17) evidenziano lo stile con cui Dio in questo Tempo si è progressivamente manifestato: a Natale ai Pastori, cioè ai poveri, agli umili, a quelli neppure considerati uomini; all’Epifania ai Re Magi, cioè ad aristocratici venuti da lontano e quindi, tramite loro, a tutte le genti; oggi al popolo di Israele, come leggiamo a proposito del battesimo di Gesù ricevuto da Giovanni il Battista con l’immersione nel Giordano. Il Messia non aveva certo bisogno di essere purificato, è Lui che purifica!  eppure Egli sceglie questa via sorprendente.

Dopo trent’anni di vita normale e ritirata nell’ambito familiare, il Figlio di Dio, annunciato dai Profeti e tanto atteso dalle genti, inizia il suo ministero pubblico non con un discorso solenne al centro di una piazza o con un miracolo portentoso ma in modo umile: si mette in fila con i peccatori per farsi battezzare!

Fin dall’inizio della sua rivelazione messianica, il Maestro svela lo stile semplice della solidarietà totale con ogni uomo; manifesta il volto di un Dio che cammina con il suo popolo, mettendosi in fila senza corsie preferenziali, di un Dio che ha fame e sete, si stanca e ha sonno, piange per un amico, si commuove e si appassiona, ama e perdona. Gesù frantuma un’immagine di Dio sbagliata e alterata, che troppe volte ci ha portato fuori strada: quella di un Dio perfetto e distante, giudice e calcolatore… -

 

Anche la Chiesa deve seguire questo modello: scendere dalla cattedra, stare con la gente, sporcarsi le scarpe, ascoltare e accendere la speranza nei cuori frantumati dal dolore e dalla povertà, comunicare gioia, essere artigiana di pace. La Chiesa, non solo prelati e sacerdoti ma tutti i battezzati che formiamo il Corpo di Cristo, dobbiamo essere un riflesso luminoso della misericordia e tenerezza del Padre e continuare la Sua missione. È un cammino impegnativo di conversione, di spoliazione e di umiltà, che perdura tutta una vita. Il battesimo di Giovanni indicava una conversione che partiva dall’uomo e si esplicava attraverso le opere di giustizia; quello di Gesù parte da Dio ed esterna parole di compiacimento e di amore del Padre, rivolte a tutti gli uomini con i quali Egli si fa solidale.

Anche su di me, in virtù del mio battesimo, Dio ripete le stesse parole: “Tu sei il Figlio mio, l’amato, in cui ho posto il mio compiacimento”.

Il Sacramento del Battesimo ci fa entrare in una relazione stabile con Dio Padre come figli, con Gesù come membra del suo Corpo, con lo Spirito Santo come suo Tempio. Riscoprire il nostro battesimo significa ritornare al fondamento dell’esistenza cristiana, secondo le parole dell’apostolo Paolo: “Quanti siete stati battezzati in Cristo, siete stati rivestiti di Cristo” (Gal. 3,27); significa riscoprire un dono immenso, da vivere con gioia e impegno, di cui essere orgogliosi, da testimoniare con forza e coraggio.

 

I segni battesimali, che ho voluto porre in evidenza nella Celebrazione odierna, ci richiamano la portata del dono immenso di questo Sacramento:

  • L’olio dei catecumeni è segno di salvezza, della forza di Cristo Salvatore, che viene donata per poter sfuggire alla presa del nemico, alla potenza e alle tentazioni di Satana.
  • L’acqua è l’elemento vitale per eccellenza, simbolo di purificazione, che segna la liberazione dal peccato originale e la rinascita a nuova vita.
  • ll cero/luce rappresenta la volontà a mantenere viva la fiamma della fede e l’impegno a vivere secondo i valori di carità, di misericordia, di speranza.
  • La veste bianca è il un segno della nuova dignità di figli; il sacerdote infatti, durante la liturgia battesimale, dice: “Sei diventato nuova creatura e ti sei rivestito di Cristo. Questa veste bianca sia segno della tua nuova dignità […] portala senza macchia per la vita eterna”

Riscopriamo allora, carissimi, tutta la forza, la gioia, la fiducia, la benedizione di Dio nell’essere partecipi della Vita divina, parte viva della Chiesa, collaboratori al Progetto, annunciatori del Vangelo, testimoni del Risorto.

 

 

 

 

6 Gennaio - Epifania del Signore

 

Omelia dell’Epifania a.A  - scritta da padre Vincenzo

 

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 2,1-12)

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: "E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele"».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.

 

 

Celebriamo oggi la Solennità dell’Epifania, ovvero la Manifestazione di Gesù a tutti i popoli rappresentati dai Re Magi. Le letture (Is 60,1-6; Sal 71/72; Ef 3,2-3a.5-6; Mt 2,1-12) ci rivelano il cammino dei Magi dietro una stella alla “ricerca del re dei re”. Essi cercano e trovano non una persona potente ma un bambino fragile custodito da una donna… È un segno che il destino del mondo, secondo il Progetto divino, non è tra le stelle ma tra le pieghe delle vicende umane, in quelle dei piccoli e degli umili, dove Dio ama nascondersi. Inoltre c’è la “luce”, annunciata da Isaia, che non viene dai potenti ma dai poveri e dagli oppressi, cui sono restituite dignità e giustizia (1 lettura); c’è la rivelazione di un “mistero” secondo il quale siamo chiamati, in Cristo Gesù, “a condividere una stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa” (2 lettura). 

In altre parole siamo chiamati a rinascere in un’umanità nuova nella comunione e nella pace, cioè ad essere, a nostra volta, Epifania di Dio così come Egli più volte si è manifestato agli uomini nella Storia della Salvezza: sul monte Sinai quando consegna a Mosè le Tavole della Nuova Alleanza; sul Mar Rosso quando interviene prodigiosamente per liberare il suo popolo dalla schiavitù in Egitto… fino ad arrivare alla più grande Epifania di Dio che è il Natale, la rivelazione della Sua potenza, della Sua benevolenza, della Sua infinita bontà che si incarna in Gesù Bambino, annunciato dai Profeti quale Messia e Salvatore dell’umanità. Si tratta di una Manifestazione che riguarda gente di ogni tipo, senza preferenze o discriminazione alcuna: dagli umili pastori ai rappresentanti del popolo d’Israele, a personaggi venuti da lontano da regioni pagane, agli uomini di ogni tempo e  nazione, perché ciò che conta agli occhi di Dio è l’uomo in quanto tale, indipendentemente dalla razza, dalla cultura, dal ceto sociale.

Con l’Epifania celebriamo pertanto l’Universalità della Salvezza, dono di Dio offerto a tutta l’umanità per mezzo di Cristo e celebriamo la Chiesa come Sacramento di Salvezza, rivelandone la natura missionaria.  

Riguardo a Gesù, che vuole manifestarsi al mondo e all’umanità intera, l’evangelista Matteo evidenzia nella sua narrazione tre atteggiamenti utili da considerare (due sono da osteggiare, il terzo da seguire):

  • L’atteggiamento del turbamento, della paura: è quello impersonato da Erode che vede nel Messia una minaccia al suo potere dispotico. È l’atteggiamento che nasce dall’ambizione del potere, molto comune tra i potenti della politica, della cultura, dell’economia che oggi come ieri rifiutano e hanno rifiutato Cristo: Gesù è considerato una minaccia perché condanna ogni forma di egoismo, di ambizione, di oppressione; denuncia l’uomo che si fa un idolo del potere, del denaro, del piacere… e allora lo si vuol far tacere, lo si vuol togliere di mezzo, come la storia attesta con l’empio Erode.

  • L’atteggiamento dell’indifferenza, impersonato dai Sommi Sacerdoti e dagli Scribi del tempo. Essi sanno dove deve nascere il Messia ma non si scompongono e non fanno un passo. È l’atteggiamento dell’autosufficienza di chi ha la pretesa di sapere tutto e di non avere bisogno di nessuno; quella presunzione che chiude lo spirito umano alla luce della verità, circoscrivendolo al confine dell’egoismo e della superbia. Bisogna invece cercare Cristo -  che è Via, Verità e Vita – e per cercarlo occorre essere umili, bisognosi di redenzione e salvezza, altro che boriosi e affetti da vanagloria!

  • Il terzo atteggiamento è quello dei Magi di fronte a Gesù, che è di apertura alla luce della verità, di umile disponibilità e prontezza nel rispondere alla chiamata. Essi ci insegnano quale debba essere il nostro comportamento di cristiani: lasciarci guidare dalla luce della fede, evitando le luci abbaglianti e ingannevoli del mondo; metterci incammino per scoprire meglio il mistero di Cristo, senza paralizzarci di fronte alle difficoltà che possiamo incontrare… L’atteggiamento positivo dei Magi ci rivela come divenire cercatori di verità e di giustizia, amanti di Dio e collaboratori al suo Progetto.

 

In sintonia con questo messaggio sono i sandali, segno che oggi abbiamo portato all’altare, a conclusione del percorso Avvento/Natale: è l’invito a mettersi in cammino, a confrontarsi, a rivedere i propri atteggiamenti, al fine di modificarli in bene, non certo per distruggere o criticare in modo fine a se stesso.

Oggi vuole essere, quindi, la Festa di una Chiesa in cammino che, nonostante la notte, segue la luce, cerca e trova Gesù sulla strada che attraversa il tempo presente e si dirige a quello futuro. 

Su questa prospettiva il mio augurio per il nuovo anno che è espressione di affetto e benedizione di Dio.