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Domenica 26 febbraio

 

Omelia della 1^ Domenica di Quaresima a. A - scritta da padre Vincenzo

 

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 4, 1-11)
In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”».
Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.
 
C: Parola del Signore.

A: Lode a Te o Cristo.

 

 

Nella prima domenica di Quaresima la Liturgia della Parola (Gen 2,7-9; 3,1-7; Sal 50/51; Rm 5,12-19; Mt 4,1-11) ci offre il racconto delle tentazioni di Gesù. La tentazione è una prova e fa parte della vita; è conseguenza della libertà; quindi le tentazioni sono un invito a mettere ordine nelle scelte di come vivere. Anche Gesù vi si sottopone: tutti attendevano un Messia forte, potente, punitore dei malvagi e risolutore dei problemi umani; Egli avrebbe potuto scegliere la via del successo, del fascino, del potere invece sceglie la via della misericordia.

 

Prima tentazione / “Materialismo” - Il demonio propone di cambiare le pietre in pane: «Se sei figlio di Dio, dì che queste pietre diventino pane», dove il sotto testo dice il “voler sostituire Dio con le cose” che fa un preciso riferimento alla mentalità materialista, purtroppo molto diffusa nella nostra società, secondo la quale, se ci si riempie lo stomaco, "tutto l'uomo" è sazio. Ma Cristo, annota l'evangelista, risponde al Tentatore: «Sta scritto: "Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio"». In altre parole Gesù ci ricorda che lo scopo della vita non può essere il denaro e il benessere; l'uomo non chiede solo pane; cerca vita, amore, felicità.

Analogamente non educhiamo bene i figli se moltiplichiamo loro soddisfazioni e divertimenti, se li riempiamo di cose e non di valori, perché a lungo andare questa strada produrrà noia, abitudine o peggio ribellione e crudeltà.

Forse anche la Chiesa cade facilmente in questa tentazione, moltiplicando attività ed eventi che soddisfino il bisogno di sicurezza delle famiglie, il grado d'intrattenimento dei figli, invece di puntare ad educare il cuore.

Nella risposta, data al demonio, Gesù ci manifesta che saremo sempre scontenti e agitati fino a quando non troveremo Dio, come scrive sant'Agostino: «Ci hai fatti per Te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te» (Le Confessioni, I,1,1). L'uomo vive di ciò che viene dalla bocca di Dio, vive di Lui e per questo ne ha nostalgia. Lasciamoci guidare dalla sua Parola che è «viva ed efficace» (cf Eb 4, 12); solo con essa vi è salvezza!

 

Seconda tentazione / “Impazienza” – Il demonio porta Gesù alla città santa, sul pinnacolo del tempio, e lo sfida:  «"Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra"». È la tentazione della fretta, dell'impazienza che spinge a volere risultati immediati; è la tentazione di chi vorrebbe risolvere i problemi senza fatica e sacrifici; di chi vorrebbe un Dio magico a sua disposizione, pronto a intervenire all'occorrenza.

Invece bisogna attendere! E l'attesa richiede pazienza, questa comporta sacrificio, il sacrificio richiede fede. Questa è la strada di Dio: quella del «piccolo seme che, una volta cresciuto, diventa l’albero più grande dell'orto, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami» (cf Mt 13, 31-32).

 

Attenzione, allora, a questa tentazione che non ci molla nemmeno nei luoghi sacri, anzi qui si fa più sottile. Attenzione a ridurre Dio al miracolo, ad una religione spettacolare, che risponda all'ansia di sicurezza di chiedere continuamente segni a Dio, quasi mettendoLo alla prova o peggio volendoLo comprare con preghiere, digiuni e altri sacrifici per tutto quello che desideriamo ottenere.

 

Terza tentazione / “Potere” – Qui il diavolo alza il tiro, usa l'arma più sottile che possiede e tenta di mercanteggiare con Dio: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». È la proposta del raggiro che sbandiera il potere come primo valore della vita, anteposto anche a Dio! Una tentazione assurda, ma l'orgoglio umano si muove proprio in quest’ambito; spesso, per il potere e il successo, siamo disposti a sacrificare anche la gioia e gli affetti più cari. Invece dobbiamo essere integri, fermi nella fede, ricordando che qualunque conquista riusciamo ad ottenere non deve mai farci allontanare da Dio, perché Lui è la vera gioia, Lui solo dobbiamo adorare, come suggerisce Gesù nella terza risposta: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». Ricordiamo il gesto di Gesù nell'Ultima Cena, quando si inginocchia davanti agli apostoli per lavare loro i piedi: c’è il forte messaggio che la vera grandezza, davanti a Dio, si misura soltanto con l’amore e il servizio.

 

*La scelta di Gesù - Nel deserto Gesù ha scelto da che parte stare… Poteva esordire con un miracolo, che magari ci potevamo aspettare, invece sceglie la misericordia per convertire i cuori. Egli, solidale con la nostra umanità, vive l'esperienza delle tentazioni per dirci che è inevitabile e che l’unico modo per vincere il male è amare.

«La nostra vita in questo pellegrinaggio non può essere esente da prove e il nostro progresso si compie attraverso la tentazione. Nessuno può conoscere se stesso, se non è tentato, né può essere coronato senza aver vinto, né può vincere senza combattere». (S. Agostino).

Che il Signore alimenti in noi la fede e accresca la speranza; che ci insegni ad aver fame di Cristo “pane vivo e vero” e a nutrirci di ogni Parola che esce dalla Sua bocca.                                                                               

                    

                                                                                                                                                                      

 

 

 

Domenica 19 febbraio

 

Omelia della 7^ Domenica del T.O. a.A - scritta da padre Vincenzo

 

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5, 38-48)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». 
C: Parola del Signore.

A: Lode a Te o Cristo.

 

Con la 7^ Domenica del T.O. si chiude la prima parte del Tempo Ordinario, per dare spazio alla Quaresima, Tempo Forte da valorizzare bene per rivedere il nostro cammino e rinnovare l’impegno dinanzi al Signore.

Le letture dell’odierna liturgia (Lv 19,1-2.17-18; Sal 102 /103; 1 Cor 3,16-23; Mt 5,38-40) completano l’identikit del cristiano con l’indicazione della MISSIONE DEL DISCEPOLO.  Gesù sostanzialmente chiede una cosa sola ai suoi discepoli, e quindi a noi tutti: amare il prossimo, fino al nemico per giungere alla santità. La missione del discepolo è essere e farsi santo! Ma vediamo con ordine i passaggi:

 

 A.      Come punto di partenza, prendiamo l’affermazione di Paolo: “Siete tempio di Dio. Lo Spirito di Dio abita in voi. Santo è il tempio di Dio che siete voi”. Paolo si riferisce ai cristiani di Corinto ma vale per ogni comunità cristiana, che è luogo privilegiato in cui abita e opera lo Spirito di Dio; ciò vale anche per ogni singolo credente: fin dal Battesimo lo “Spirito Santo è stato effuso nei nostri cuori”; per opera dello Spirito Santo siamo stati rigenerati alla vita divina, siamo diventati figli di Dio “e lo siamo realmente”, sottolinea l’apostolo Giovanni (1 Giovanni 3,1). Nell’affermazione di Paolo ci sono diversi aspetti della vita cristiana: la libertà, la santificazione del corpo, il primato della carità  “Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.,, Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità. Ma di esse la più grande è la carità!” (I Cor 13,1.13). È un ribadire che il fulcro della nostra vita cristiana è solo l’amore, la misericordia verso il fratello; non bastano preghiere, novene, riti, “belle celebrazioni” per assicurarsi la santità! Dio ci chiederà quanto abbiamo amato, quanto abbiamo donato al prossimo….

 B.      Se questa è la nostra identità, risulta perfettamente logica e coerente l’esortazione di Gesù: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli”, che fa eco a quella del Levitico(1 lettura): Siate santi perché io, il Signore Dio vostro, sono santo”. Se siamo figli di Dio, partecipi della Sua divina natura, dobbiamo in qualche modo riprodurre in noi le Sue sembianze, sforzarci di imitare il Suo comportamento.

La caratteristica di Dio è l’amore, la misericordia, il perdono; questo Suo volto è ben delineato dal salmo responsoriale: Egli perdona tutte le tue colpe; Guarisce tutte le tue malattie; Ti corona di grazia e di misericordia; Non ci tratta secondo i nostri peccati; Non ci ripaga secondo le nostre colpe; Come un Padre ha pietà dei suoi figli; Così il Signore  ha pietà di quanti lo temono.

Dunque, Dio non si vendica, Dio perdona, Dio ama tutti (fa sorgere il sole sui i giusti e sugli ingiusti). Gesù, che è l’immagine perfetta del Padre, allo stesso modo ama tutti, anche i peccatori che lo rifiutano e lo offendono, perdona i suoi crocifissori, prega per loro. E noi, ricevendolo nell’Eucarestia, ne siamo il Tabernacolo vivente! e tabernacolo di amore, di misericordia, di perdono dobbiamo essere per i nostri fratelli. È questo, allora, il modo concreto di comportarsi del cristiano:

  • Non rispondere mai con la violenza alla violenza (è il significato di “porgere l’altra guancia”)
  • Amare tutti, anche coloro che gli sono ostili;
  • Pregare per coloro che gli fanno del male.

Questo è il distintivo, la vera caratteristica del cristiano autentico.  Altrimenti, dice Gesù: “Se amate quelli che vi amano che merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?”.

 C.      Sorge a questo punto la domanda: ma è possibile arrivare a queste vette dell’amore? Se Gesù ce lo chiede vuol dire che è possibile, ma non con le sole forze umane. E’ possibile con l’aiuto della Grazia di Dio e con la forza dello Spirito Santo, che è l’Amore Trinitario partecipato a noi. Vi ricordo che già nel battesimo e poi nella cresima ci è stato dato lo Spirito Santo; ci è stata comunicata questa capacità di amare alla maniera di Dio e di Gesù Cristo. Rimangono in noi delle resistenze, proprie della natura umana:

  • L’istintività che ci porta a reagire violentemente
  • L’orgoglio che non ci fa sopportare l’umiliazione
  • L’egoismo che ci spinge a chiuderci all’amore

È necessario, pertanto, invocare continuamente, con la preghiera il dono dello Spirito Santo, se vogliamo effettivamente riuscire ad amare anche i nostri nemici e pregare pure per loro, come ci chiede il Vangelo. Preghiamo allora:

Il tuo aiuto, Dio onnipotente, ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito, perché possiamo conoscere ciò che è conforme alla tua volontà e attuarlo nelle parole e nelle opere

                    

                                                                                                                                                                      

 

 

 

Domenica 12 febbraio

 

Omelia della 6^ Domenica del T.O. a.A - scritta da padre Vincenzo

 

 Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5, 17-37)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli. 
Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!
Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna.
Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.
Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno».
C: Parola del Signore.

A: Lode a Te o Cristo.

 

Le letture della 6^ Domenica del T.O. (Sir 15,15-20; Sal 118 /119; 1 Cor 2,6-10; Mt 5,17-37) presentano una pagina di Vangelo piuttosto lunga ed impegnativa, su cui è bene soffermarsi un po'.

Si tratta di un discorso che Gesù fa da un’altura, come spesso accade, dopo aver parlato delle Beatitudini, cioè di quale dovrebbe essere il nostro programma di vita per essere felici. Questa volta ci spiega cosa è la sua nuova "Legge", la "Legge di Dio".

Alcuni farisei, allora detentori del potere religioso assieme agli scribi, dicevano che Gesù stava eliminando la loro Legge, la "Torah", consegnata al popolo d'Israele da Mosè sul monte Sinai tanti secoli prima.

Ma esattamente opposto era il pensiero di Gesù, che dice: "Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti: non sono venuto ad abolire, ma a dare il pieno compimento".

Gesù, in altre parole, vuole riaffermare l'obiettivo più importante di tutta la Legge, cioè raggiungere la giustizia, che è l'Amore, perché si era arrivati al punto che non era più la Parola di Dio a guidare le persone, ma le leggi che gli uomini vi avevano "messo sopra", rendendole più importanti della Parola stessa; ovvero l’osservanza esteriore dei precetti più importante del cuore stesso, aperto a Dio! infatti il Maestro precisa: "Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli" e fornisce degli esempi ben concreti su come mettere in pratica la Legge affinché la sua osservanza porti ad agire con Amore.

Il primo esempio riportato riguarda il quinto comandamento delle Tavole consegnate a Mosè: “Non uccidere”.

«Avete inteso che fu detto agli antichi: "Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio". Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio…"». Il senso delle parole è chiaro: chi si adira con il proprio fratello merita la stessa condanna riservato all'assassino, secondo l'antica legge, quindi non basta evitare di uccidere qualcuno! Per vivere il quinto comandamento, secondo la Legge dell'Amore, è anche necessario togliere dal cuore ogni sentimento negativo di ira, di ripicca, di vendetta, di rabbia... è necessario non mormorare, non criticare, non essere invidiosi e superbi, non parlare male di nessuno!!! Gesù ci chiama a convertirci; a chiedere la grazia di non sparlare, di non criticare; a bloccare sul nascere ogni maldicenza che distrugge noi stessi e le altre persone e impedisce l'unità dei figli di Dio.

 

A questo proposito è utile la storiella de “I TRE SETACCI”:

Nell'antica Grecia Socrate aveva una grande reputazione di saggezza. Un giorno venne qualcuno a trovare il grande filosofo, e gli disse:

- Sai cosa ho appena sentito sul tuo amico?

- Un momento - rispose Socrate. - Prima che me lo racconti, vorrei farti un test, quello dei tre setacci.

- I tre setacci?

- Sì. - continuò Socrate. - Prima di raccontare ogni cosa sugli altri, è bene prendere il tempo di filtrare ciò che si vorrebbe

   dire. Lo chiamo il test dei tre setacci. Il primo setaccio è la verità. Hai verificato se quello che mi dirai è vero?

- No... ne ho solo sentito parlare... (quante volte nei gruppi, nelle comunità va avanti e danneggia “il sentito dire”!)

- Molto bene. Quindi non sai se è la verità. Continuiamo col secondo setaccio, quello della bontà. Quello che vuoi dirmi sul mio amico, è qualcosa di buono?

- Ah no, al contrario! (quante volte, nella frenesia di parlare e riportare, non pensiamo al danno di far ingigantire la cosa!)

- Dunque, - continuò Socrate, - vuoi raccontarmi brutte cose su di lui e non sei nemmeno certo che siano vere. Forse puoi  

  ancora passare il test, rimane il terzo setaccio, quello dell'utilità. E' utile che io sappia cosa mi avrebbe fatto questo amico?

- No, davvero.

- Allora, - concluse Socrate, - quello che volevi raccontarmi non è né vero, né buono, né utile; perché volevi dirmelo?

 

Allora, dobbiamo vedere tutti e tutto con gli occhi di Dio, e questo vale non solo per vivere bene il quinto comandamento secondo la Legge di Gesù ma per ogni aspetto della relazione umana. Il Vangelo, infatti, ci riporta esempi riferentesi a coloro che offendono con parole ed azioni, a coloro che non perdonano, che litigano, che provocano scandali, a coloro che cacciano la propria moglie, che giurano senza motivo...  e per ognuna di queste situazioni Gesù contrappone la Sua legge: "Avete inteso che fu detto agli antichi..."/"Ma io vi dico…" Ci chiede un salto di qualità, grande e impegnativo ma necessario per eliminare tutto ciò che non ci rende fratelli, che non ci aiuta a rispettarci e accoglierci. Bisogna andare oltre a tutte le complicazioni con semplicità e generosità, con il solo obiettivo di "assomigliare al Padre" per costruire il Regno. Occorre impegno, confronto, ascolto, gioia, capacità di perdono, coraggio di ricominciare sempre, quando abbiamo sbagliato. Il modello per la nostra vita è Gesù. Con Lui tutti noi possiamo essere costruttori del Regno di Dio, senza limiti di età e di capacità. Tutti possiamo realizzarlo! Basta volerlo! Chiediamo, allora, a Dio di conoscere la profondità della sapienza e della giustizia per entrare nel suo Regno di riconciliazione e di pace.                       

                                                                                                                                                                      

 

 

 

Domenica 05 febbraio

 

Omelia della 5^ Domenica del T.O. a. A - scritta da padre Vincenzo

 

 Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5,13-16)
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

C: Parola del Signore.

A: Lode a Te o Cristo.

 

 

Le letture della 5^ Domenica del T.O. (Is 58,7-10; Sal.111/112; I Cor 2,1-5; Mt. 5,13-16) definiscono l’identità del cristiano, fornita già da domenica scorsa alla luce delle Beatitudini.

Nella 1 lettura, il profeta Isaia evidenzia il comportamento degli Israeliti i quali, tornati dopo 60 anni dall’esilio babilonese, erano piuttosto incostanti nella fedeltà al Signore, infatti rispettavano solo nella pratica esteriore gli atti di culto prescritti da Dio - cercare il Signore, pregare, digiunare - e soprattutto si rivolgevano in modo arrogante a Dio, che sembrava non ascoltare le loro richieste, permettendosi persino di rimproverarLo per il suo silenzio (58,1-3). Un atteggiamento davvero deplorevole che spesso, purtroppo, abbiamo anche noi quando Dio non ci esaudisce o non si comporta come vorremmo.

Il profeta, in nome di Dio, smantella l’arroganza e presunzione degli Israeliti, parlando anche a noi: non basta pregare e digiunare; la preghiera e il digiuno non servono a nulla se non sono espressione di un atteggiamento interiore distaccato dal peccato o di superamento del proprio egoismo. La preghiera e la penitenza sono gradite a Dio se accompagnate dal cuore puro e dalle opere di carità e di giustizia (mangiare, bere, vestire, ospitare, curare, visitare), dove “cuore puro” significa vivere nella rettitudine e nella sincerità.

 

Il riferimento aduna luminosa presenza è il fulcro della pagina del Vangelo: l’apostolo Matteo presenta tre immagini che tracciano i tratti caratteristici di chi vuole seguire il Maestro. (Sale, luce e lampada)

Cristo dice dei suoi discepoli: «voi siete il sale...voi siete la luce». Notiamo intanto che i verbi adoperati nel testo non sono degli imperativi ("dovete essere") ma due indicativi: il che significa che si tratta di una condizione già presente in noi - voi siete il sale - come a dire lo siete comunque, il problema è se fate il vostro dovere! Il sale ha la funzione di dare sapore alle cose ma può perdere questa caratteristica, pur rimanendo sale. Noi non siamo più sale quando diventiamo deludenti, quando facciamo cose insipide, quando la nostra testimonianza non attira nessuno, quando non amiamo, quando non mostriamo bontà, quando non diciamo più la verità del Vangelo per il quieto vivere. Questo è imbarazzante. Inoltre, occorre che il sale si sciolga perché svolga la sua funzione; perciò occorre che noi abbiamo il coraggio di scioglierci, di perderci nel mondo per dare sapore ad esso e in più, se io non do sapore al mondo con amore e nella verità, non solo divento un sale non buono ma finisco per essere calpestato dagli uomini. Non è forse accaduto nella storia che molti si sono allontanati dalla chiesa per la nostra cattiva testimonianza? Un filosofo ateo diceva: «Se la buona novella della Bibbia fosse anche scritta sul vostro volto, voi non avreste bisogno di insistere perché si creda all'autorità di questo libro: le vostre opere, le vostre azioni, le vostre scelte dovrebbero rendere quasi inutile la Bibbia, perché voi stessi sareste la Bibbia vivente!” (F. Nietzsche). Fa riflettere, no? Ecco, se i cristiani non sono cultori del buono, se sono insipidi vengono gettati via.

 

Gesù poi ci dice: «voi siete la luce del mondo… né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa!» ((5,14a-15). Comprendiamo che una cosa è la luce e una cosa è il candelabro: la luce è Cristo, è Lui che l’accende nella nostra vita; noi siamo il lucerniere, chiamati a diffondere la luce ovunque ci troviamo. Certo, possiamo non metterci alla luce di Cristo e rimanere nelle tenebre senza fare luce a nessuno ma, se diamo la nostra vita a Cristo, Egli può fare di noi la luce del mondo. Come? Saremo luce «Se toglieremo di mezzo a noi l'oppressione, il puntare il dito, il parlare empio; se offriremo il pane all'affamato… allora brillerà fra le tenebre la nostra luce, la nostra tenebra sarà come il meriggio» (cf Is 58,9-10). S. Paolo dirà nelle sue lettere che i cristiani devono splendere come astri nel mondo (Fil 2,15). E non dimentichiamo le parole di S. Giovanni a proposito della luce: «Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre. Chi ama suo fratello, dimora nella luce e non v'è in lui occasione di inciampo» (1 Gv 2,9-10) e  anche S. Teresina di Lisieux: «Ho capito che la carità non deve restare affatto chiusa nel fondo del cuore»  ma risplendere davanti agli uomini “perché vedano le opere buone”.

Tutto ciò ci serva per un buon esame di coscienza per capire se il nostro agire è luminoso o meno. Quando tu segui l'amore, come unica regola di vita, allora sei luce e sale per chi t'incontra. Quando l'uomo ama, diventa luce, lampada ai passi di molti. Allora siamo visibili, solari! Trasmettiamo gioia, pace, luce!